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Oggi vi raccontiamo una storia di vero mecenatismo.

Nei pressi di Cormano c’è un castello in rovina. Da fuori è solo uno dei tanti edifici industriali dismessi, vetri rotti e i mattoni a vista,  ma quando si entra nell’edificio, se si riesce ad entrare, i colori stordiscono. Ecco il castello di Zakula, il tempio della street art milanese.

Zakaria Jemai il suo nome completo, soprannominato dai suoi ragazzi “lo zio“ è l’anima di questo luogo, come tutti i castelli affascinante e pauroso allo stesso tempo. Zak ha 60 anni, è algerino, aveva una famiglia e lavorava come cuoco sulle navi da crociera prima di avere qualche problema che gli ha fatto perdere tutto. Non sapendo dove andare, qualche anno fa ha “occupato” la vecchia fabbrica a più piani.

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Appena superata la porta dei suoi spazi privati, al secondo piano, si entra in un enorme salotto pieno di opere d’arte. I muri, i soffitti sono ricoperti di murales, sculture, graffiti, quadri e fotografie che incorniciano l’enorme stanza; non ci sono porte, né finestre, né barriere perché lo spazio è modulato solo da mobili recuperati e sistemati in modo creativo e funzionale. Quello è il suo spazio privato, poi ci sono gli spazi dedicati ai ragazzi. Attenzione. Zac non ha un carattere facile.

Ma Zac non si è limitato ad arredare una fabbrica in disuso con l’arte. Stando nel capannone Zac ha conosciuto tre artisti che lì si introducevano da sempre per fare street art sulle pareti abbandonate, e ci ha fatto amicizia. Loro tre hanno portato gli altri. Da quel momento si è sparsa la voce e, nel giro di poco, sono piombati al castello street artist e performer da tutta Europa. Cosa ha reso accattivante ed unica la situazione è presto detto. E’ Zac personalmente a selezionare, a decidere se l’artista ha talento, e se è così lo fa entrare, e gli riserva un pezzo di muro più o meno visibile, a seconda delle sue capacità. Se l’artista non ha talento, semplicemente lo caccia.

Sembra proprio che stia scegliendo i migliori.

Insomma, il castello di Zac è diventato spontaneamente, senza bandi né affidamenti, uno degli incubatori d’arte più potenti della città. Lui aggrega gli artisti, li fa conoscere tra loro e li spinge a collaborare, creando un flusso inarrestabile di scambi culturali. Le sue permanenti sono ormai note in tutta Europa, e moltissime scuole d’arte italiane, svizzere, inglesi, organizzano visite guidate per i per gli studenti, a cui è dedicata una parte di parete da decorare a mosaico.

Una storia, questa, che andrebbe raccontata più spesso per garantirne fecondità, continuità e salvaguardia, se non si corresse il rischio che la seppur minima istituzionalizzazione farebbe scappare via il conte Zakula dal castello.

 

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