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In Italia (e forse al mondo) non esiste gioco in cui possano cambiare le regole durante la partita tranne uno, il matrimonio.

Come sapete la Corte di Cassazione, con sentenza 11504 del 10 maggio scorso, ha rivoluzionato la giurisprudenza statuendo che in sede di divorzio nulla è dovuto alla moglie a titolo di mantenimento se questa lavora o potrebbe lavorare, a meno che il mancato raggiungimento della indipendenza economica derivi da ragioni che non dipendono dalla sua volontà. La ragione è che, estinto il rapporto matrimoniale, vengono a cessare tra i coniugi tutti i reciproci diritti e doveri patrimoniali che trovavano origine nella solidarietà coniugale.IMG_1132

Bene. Anzi male, perché le donne italiane sono ontologicamente diversamente abituate. I figli sono i loro, gli anziani non ne parliamo, i lavori domestici anche e ci sta che ad un certo punto della vita, se l’asilo nido costa mediamente più di uno stipendio, la mamma resta a casa o chiede il part time. Salvo ritrovarsi nel giro di un anno, perché con il divorzio breve i tempi sono accelerati, senza una fonte di reddito decente.

I tempi sono cambiati? Ci adegueremo, anzi si adegueranno le giovani ragazze che già sull’altare dovranno arrivare con accordi e regole precise sulla organizzazione domestica e la ridistribuzione delle entrate familiari. Ma chi nella famiglia è entrata giocando con le vecchie regole del “mi occupo di tutto io mentre tu fai carriera” deve prendere atto di avere un problema, un grande problema.

Salone del mobile milanoLa famiglia è un organismo complesso, soprattutto nel nostro paese, e finché c’è amore c’è fiducia che si accompagna, solitamente ad atteggiamenti irresponsabili. Non siamo abituate, noi italiane, a mettere sul piatto la lista di nozze e l’accordo prematrimoniale, di cui evidentemente i Tribunali dovranno riconoscerne la validità, vista l’aria che tira.

Figuriamoci nei matrimoni di lungo corso. Ma ce la vedete la signora cinquantenne che domattina si sveglia e costringe il marito dal notaio, per regolamentare economicamente l’ultima parte di un matrimonio che è già costato sacrificio tolleranza e fatica? Ve lo dico io. No. Non ci andrà mai. Anche perché in Italia, a differenza dei paesi anglosassoni, parlare di soldi fa tanto maleducazione.

Però le cose stanno così, ed è notizia di oggi che nel salernitano la giurisprudenza della cassazione ha mietuto un’altra vittima. Quindi organizziamoci, con un accorato consiglio. Non corriamo immediatamente dall’avvocato, perché lì sanciremmo la morte immediata del più sano dei matrimoni, ma finché c’è amore e rispetto, sediamoci in soggiorno e parliamone senza pudore col coniuge e con i figli. Se non ne dovessimo uscire bene, allora lasciamo pure andare la casa, non stiriamo più le camicie, e che i figli invece di guardare Masterchef si mettano a spignattare in cucina. Noi dobbiamo lavorare di più, che peraltro è molto più gratificante che tirare a lucido un pavimento. Papà

Insomma che si arrangino un pò tutti, cari i nostri familiari. Rimostranze? Che si rivolgano agli Ermellini della Corte di Cassazione, chissà poi se loro la puliscono, la casa.

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